La nascita della teoria cellulare   

20.06.2023

La scoperta delle cellule viene di solito fatta risalire al 1665, quando il naturalista inglese Robert Hooke con l'aiuto di un microscopio molto primitivo (capace di ingrandire non più di 30 volte), osservò le cellette che formavano una sottile fettina di sughero. In realtà Hooke pensò che tali cellete (in latino cellulae) fossero una caratteristica del sughero e non un modo di organizzarsi della materia vivente in generale. Ben più decisive delle osservazioni di Hooke furono quelle di Marcello Marcello Malpighi, professore di Medicina all'Università di Bologna, e di Nehemiah Grew, membro della Royal Society. Malpighi studiò la struttura microscopica degli animali, Grew quella delle piante, di cui divenne uno dei maggiori esperti. Le osservazioni di questi due studiosi portarono a considerare le cellulae come elementi strutturali di tutta la materia vivente.


Circa due secoli dopo la scoperta di Hooke, nel 1839, il botanico Matthias Jacob Schleiden e il biologo Theodor Schwann, entrambi tedeschi, formularono l'ipotesi secondo cui i tessuti animali e vegetali erano costituiti da minuscole strutture capaci di esistenza fisica indipendente: le cellule. L'ipotesi divenne la teoria ancora oggi alla base della biologia, quando lo scienziato tedesco Rudolf Virchow affermò che tutte le cellule derivano da altre cellule e che la cellula è la più piccola entità in grado di vivere. Scrisse Virchow nel 1858: ''Là dove esiste una cellula, deve esservi stata, prima, un'altra cellula, così come un animale non può non derivare da un altro animale e una pianta da un'altra pianta''. E ancora: ''Ogni animale si presenta come la somma di un certo numero di unità vitali, ognuna delle quali possiede tutte le caratteristiche della vita''. Le unità vitali sono naturalmente le cellule: si affermava così definitivamente la teoria cellulare.

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